Prova a spiegarlo quello che hai dentro.
Lo sai definire? Riesci, razionalmente, a capire cosa c’è che non va?
Forse.
E vorrei essere più brava.
Vorrei essere più brava a tirarlo fuori, a chiedere, a levarmi i dubbi, a farmene venire di più, vorrei solo riuscire a far uscire la voce.
E invece no.
Io sto lì e me le prendo tutte le mie insicurezze e le mie paure, le vivo fino in fondo, fin quando ti manca il fiato, fin quando urli, ma urli dentro.
Un grido soffocato, forte, estenuante, che poi si spegne, poi passa… così dal niente.
Lavora dentro fino a logorare ogni cosa, fino a quando non fa crollare ogni difesa, come un piccolo mostro che da dentro mangia tutto e quando ha finito di mangiare, ed è sazio e appagato, sparisce.
E io sto lì, aspetto che passi, lo guardo divorare ogni cosa come se non dipendesse da me.
E quando va via sto meglio, torna tutto normale, come se non fosse mai successo.
Ma in realtà è successo, è lì, è un piccolo mattoncino che si aggiunge ad un’altra serie di mattoncini che negli anni si sono stratificati fino a crescere sempre di più e che fuori non si vedono, ma dentro creano una barriera.
Una barriera alta che allontana.
Allontana tutto.
Allontana il dolore, la felicità, le persone, le emozioni e le sensazioni.
Perché ti svuota dentro.
Razionalmente, io riesco a capirlo cosa c’è che non va: perché sentire il vuoto dentro ti disarma.
E io vorrei, vorrei davvero essere più brava.
O forse vorrei solo qualcuno che riuscisse a scalfire quel muro, a entrare davvero e a farmi sentire al sicuro.